La famiglia Bellelli

La famiglia Bellelli
1858-67- Musée d’Orsay, Parigi
Olio su tela, 200×250 cm


Disegno preparatorio di Degas
sulle figure di Giovanna e Laurie

Studio condotto da Degas
sulla figura di Giulia Bellelli

Un omaggio ai Bellelli


Nel novembre del 1858 Edgar Degas, durante il suo personalissimo Grand Tour – inaugurato a Napoli appena un paio di anni prima – giunse finalmente a Firenze, dove fu ospite della zia paterna Laurie De Gas. Quest’ultima si era unita in matrimonio con il barone napoletano Gennaro Bellelli, un importante uomo politico, devoto alle idee liberali e impegnato duramente nella lotta per l’Indipendenza dell’Italia. A causa di molteplici conflitti politici con il Governo Borbonico, fu costretto a lasciare la sua amata città natale e a trasferirsi con la sua famiglia nel capoluogo toscano, dove vi rimase per ben dieci anni, fino all’Unità d’Italia.
Il giovane Degas per ringraziare la generosità della famiglia Bellelli durante il suo soggiorno in Toscana, decise allora di realizzare un grande ritratto, la cui elaborazione finale richiederà nove lunghi anni. Iniziò a lavorarci piano piano nel 1858, continuando una volta rientrato a Parigi, dove eseguì minuziosamente disegni e bozzetti, fino al 1867.
Nella fitta corrispondenza epistolare che il padre Auguste De Gas intrattenne con il figlio, confidò: «Cominci un così grande quadro il 29 dicembre e credi di averlo finito il 28 febbraio.
Ne dubitiamo moltissimo: infine se ho un consiglio da darti è di farlo con calma e pazienza, perché altrimenti rischieresti di non portarlo a termine e di dare a tuo zio Bellelli un giusto motivo di scontentezza».
Ad oggi sono rimaste numerose tracce dello studio preparatorio, che evidenziano uno sviluppo verticale del dipinto mettendo al centro la zia Laurie con le due figlie: Giovanna e Giulia. Ciò lascia intendere che almeno in prima battuta Degas avesse voluto spontaneamente escludere dal ritratto lo zio Gennaro, che detestava a causa del suo brutto carattere; burbero e scontroso con gli amici e i conoscenti.

«Ho due cuginette a pranzo. La maggiore è veramente un fiore di bellezza; la minore ha il carattere di un diavoletto e la bontà di un angelo. Le dipingo con i loro vestiti neri e i loro grembiulini bianchi che le rendono affascinanti. Ho varie idee per lo sfondo. Vorrei ottenere una certa grazia naturale assieme a una nobiltà che non riesco bene a definire.»



Il taglio cinematografico


Edgar Degas in questo capolavoro giovanile introduce la propria visione del “ritratto psicologico“. La composizione viene quindi studiata nei minimi dettagli con l’obiettivo di creare un perfetto equilibrio tra tonalità cromatiche – grevi e drammatiche – e volume nei soggetti raffigurati.
A sinistra la zia Laurie costituisce il “punto di fuga” della piramide visiva, mentre a destra un grande specchio, adornato con alcuni accessori d’arredo, insieme alla poltrona scura sulla quale è seduto Gennaro, il padrone di casa, controbilanciano perfettamente il suo abito scuro.
Anche i graziosi grembiulini bianchi decorati ai bordi delle due fanciulle, contribuiscono ad alleggerire le vesti nere, come un’allusione all’innocenza infantile dinanzi alle problematiche familiari.
L’illuminazione proveniente dal lato destro della stanza colpisce i protagonisti senza però creare ombre troppo profonde.

La sensibilità psicologica


L’artista riesce a comunicare con grande naturalezza ed eleganza la profondità psicologica dei suoi personaggi. Non si limita semplicemente a rappresentarli ma desidera scavare dentro il loro animo e scoprire cosa stanno davvero provando, in un mix di emozioni e percezioni empatiche.
Il tutto giungendo ad un’accurata indagine psicoanalitica numerosi decenni prima che Sigmund Freud scandagliasse gli abissi dell’inconscio.
L’attenzione alle forme nello spazio, alle espressioni dinamiche e psicologiche dei soggetti ritratti, osservandoli scrupolosamente nei loro silenzi assordanti, fanno di Degas un artista capace di racchiudere in modo quasi poetico la sensibilità umana difronte agli eventi della vita quotidiana.

Nella Firenze dei Macchiaioli


Il giovane Degas cercò di attingere sempre più ispirazione e insegnamento dai celebri capolavori dell’arte classica, visitando assiduamente la Galleria degli Uffizi, da cui rimase immediatamente colpito e profondamente affascinato.  
Insieme al caro amico e collega Gustave Moreau – celebre precursore del Simbolismo – entrerà direttamente a contatto con il movimento contemporaneo dei Macchiaioli, una vivace schiera di artisti (tra cui Cristiano Banti, Giovanni Fattori, Silvestro Lega, Telemaco Signorini e molti altri) non solo toscani ma anche stranieri, che amava ritrovarsi al Caffè Michelangiolo in via Cavour 21, a pochi passi dall’Accademia di Belle Arti.
E fu così che, in questo locale caratterizzato da un clima vivace e altamente animato, tra una tazza di caffè, accesi dibattiti e anche alcune riflessioni sulla vita politica del tempo, riuscirono a sviluppare un proprio stile e linguaggio; privilegiando rappresentazioni di interni e scene di vita quotidiana e familiare e affermando la loro profonda insofferenza, nonché il rifiuto verso l’arte accademica e ufficiale.

Una calma apparente


La famiglia Bellelli è ritratta in posa all’interno di una stanza della propria abitazione fiorentina.
La zia Laurie, dall’aria autoritaria – quasi monumentale, molto simile alla volumetria di alcune figure femminili giottesche – e malinconica, a causa della morte del padre Hilaire avvenuta poco tempo prima (il cui disegno a sanguigna è appeso alla parete), indossa un lungo abito nero e rivolge lo sguardo proprio dove è seduto il marito, ma lo ignora completamente. Non c’è comunicazione tra i due. Ciascuno è immerso nei propri pensieri e isolato nella propria solitudine.
Laurie è talmente divorata dal dispiacere e dal dolore, che la rendono estranea da qualsiasi contatto con il mondo. Emerge in modo lampante la loro difficile situazione sentimentale; infatti una volta che Gennaro fu cacciato da Napoli per questioni politiche, rimase profondamente amareggiato e deluso dall’esito della sua lotta e tutte le sue angosce si riversarono nella sua vita coniugale, diventando ben presto sempre più burrascosa e piena di conflitti.
Laurie intrattenne un’assidua corrispondenza epistolare con Degas, confessando tutte le sue preoccupazioni: «Ho ragione di vedere sempre le cose in nero?». «Vivere qui con Gennaro di cui conosci il carattere detestabile e senza che abbia una seria occupazione è qualcosa che mi trascinerà nella tomba».
Era questa l’atmosfera tesa che si respirava a casa Bellelli quando Degas era loro ospite.
Tuttavia, l’umore delle due fanciulle sembra non essere influenzato né condizionato dalle vicende familiari. Giovanna, di appena sette anni, posa accanto alla madre, che in un gesto protettivo la attira a sé. Il suo volto grazioso sembra quasi volerci comunicare qualcosa in silenzio, forse un pensiero.
Invece la sorella maggiore Giulia, volge distrattamente lo sguardo in direzione del loro amato cagnolino, manifestando il desiderio di sottrarsi ad un’atmosfera così soffocante. Non a caso viene ritratta in modo spontaneo e alquanto dinamico con le mani puntate proprio sui fianchi, come se stesse eseguendo un movimento di danza.
Infine, vi è la figura dello zio Gennaro, seduto di spalle sulla sua poltrona, in una posa quasi prossima ad alzarsi, come fosse oramai stanco di quella situazione.
Degas lo descrive come un uomo preoccupato quasi esclusivamente dei suoi interessi politici, ma comunque capace di provare un sincero affetto per le giovani figlie, tanto da distogliere anche solo per un attimo lo sguardo dalle sue carte.


Disegno preparatorio di Degas
sulla figura di Gennaro Bellelli

Le influenze artistiche


Van Dyck, Ritratto della famiglia Lomellini
1625-27 – National Gallery of Scotland, Edimburgo
Goya, La famiglia di Carlo IV
1801 – Museo del Prado, Madrid

Cristiano Banti, uno dei massimi esponenti del movimento dei Macchiaioli, rimase subito colpito dalla notevole abilità di Degas di unire antico e moderno, in un perfetto equilibrio.
Fortissimo è l’eco dei grandi Maestri del passato tra cui Francisco Goya, Gustave Courbet e Antoon van Dyck. Degas si diverte infatti a giocare con tutto ciò che la vecchia Accademia può ancora offrire, sfidandola con nuove idee e inserendo intriganti personaggi contemporanei, tutti da scoprire.
Diego Martelli, celebre critico d’arte e tra i primi sostenitori in Italia del Realismo francese e del gruppo dei Macchiaioli, nel 1879 scrisse: “Antico e moderno ad un tempo… educato a Firenze dove s’innamorò della semplicità sublime del disegno dei cinquecentisti, vide quei grandi maestri con l’occhio di un francese e, ritornato poi in Francia, modificò più che mai questo suo modo di tradurre il vero attraverso il sentimento degli antichi applicandovi una ricerca di colorazione tutta moderna”.
Durante il soggiorno nella città di Genova Degas rimase immediatamente colpito davanti al quadro Ritratto della famiglia Lomellini di Van Dyck. Un’opera realizzata tra il 1625 e il 1627, che costituirà un’importante fonte d’ispirazione per la sua composizione familiare, soprattutto una volta rientrato a Parigi.
I contrasti chiaroscurali, nonché l’eleganza e la raffinatezza ritrattistica del grande pittore fiammingo, saranno un ottimo punto di riferimento per la pittura degassiana.
Nel dipinto La famiglia di Carlo IV di Goya risalente al 1801, Degas rimase molto affascinato dall’introspezione psicologica dei personaggi raffigurati. Anche se non era mai stato in Spagna, conosceva ugualmente la sua pittura grazie all’amico Léon Bonnat, un pittore di origini francesi, già affermato in quegli anni, che aveva vissuto a lungo a Madrid.


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